di Mario De Michele

La matematica non è un’opinione. Dalla media dei sondaggi politici effettuati da ben 15 istituti specializzati sugli ultimi 15 giorni emerge un dato incontrovertibile: la madre di tutte le battaglie si combatte tra Fratelli d’Italia e Partito democratico. Nell’ultimo rilevamento disponibile di BiDiMedia, EMG, Demopolis, SWG, Piepoli, QDC, Tecné, Lab2101, TP, Ipsos, Quorum, Euromedia, Noto, Izi e Ixe, la lista di Giorgia Meloni si attesta al 24,1%, tallonata dai dem di Enrico Letta che raggiungono il 22,7%. Se la distanza tra il centrodestra (47,6%) e il centrosinistra (29,3%) è abissale e incolmabile la lotta per chi sarà il primo partito italiano alle elezioni del 25 settembre è più che mai aperta. Fdi è in vantaggio sul Pd di poco più di un punto percentuale. La vera polarizzazione del voto si sta avendo tra i seguaci di Meloni e quelli di Letta. Un trend che si va via via consolidando con un saliscendi che per alcuni periodi ha visto Fratelli d’Italia e Pd quasi appaiati. Si dirà: conta poco, tanto il governo della nazione finirà in ogni caso nelle mani del centrodestra. Non è così. Il posizionamento finale dei due partiti inciderà fortemente sul futuro del Belpaese. Se Letta effettuerà il sorpasso sulla Meloni ci sarà un argine molto più solido alla deriva di destra. Sono lontani i tempi in cui nel centrodestra, quello a trazione berlusconiana per intenderci, il protagonismo politico era tutto appannaggio dall’ala moderata. Oggi la coalizione dei partiti conservatori è trainata principalmente da Fratelli d’Italia e in parte dalla Lega (13,2%). Sommando i voti dei due partiti di destra si tocca quota 37,3 per cento. Mentre il partito del Cavaliere si ferma al 7,8%. I centristi del centrodestra, incluse le preferenze di Noi Moderati (1,8%), non raggiungono nemmeno il 10%. Ecco perché diventa cruciale la corsa tra Meloni e Letta. Se il Pd riuscirà nell’impresa di tagliare per primo il traguardo elettorale la sinistra peserà molto di più nello scacchiere politico nazionale. E in Parlamento. Con inevitabili ripercussioni sulle determinazioni del presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Senza ombra di dubbio il quadro dipinto dai sondaggi suffraga la tesi di Letta: il 25 settembre la scelta è tra destra (Fdi) e sinistra (Pd). Da qui l’appello del segretario dem al “voto utile”. I 5 Stelle sono dati all’11,7%. L’alleanza tra Azione e Italia viva convince soltanto il 6,2 per cento degli elettori. Altro che Terzo Polo. Calenda e Renzi sono il Sesto Polo, in una lunga fila dietro Fdi, Pd, Lega, M5S e Fi. Verdi e Sinistra Italiana ottengono il 3,5%. Italexit di Pierluigi Paragone con il 2,7% sfiora la soglia di sbarramento. +Europa non va oltre il 2%. Sul versante di Impegno Civico Luigi Di Maio, fermo all’1,1%, si gioca la partita della vita: se non raggiunge l’un per cento non partecipa nemmeno alla ripartizione dei seggi. Stessa sorte per l’Unione Popolare dell’ex sindaco di Napoli Luigi de Magistris che racimola lo 0,7%. Dalle intenzioni di voto lo scenario è chiaro e definito: il centrodestra vincerà le elezioni, probabilmente con la maggioranza sia alla Camera che al Senato. E la Meloni farà la parte della leonessa. Votare per i Cinquestelle o per Calenda-Renzi significa di fatto rafforzare la leadership del capo di Fratelli d’Italia all’interno della sua coalizione. Sondaggi alla mano agli elettori resta un’unica opzione vera per contenere la straripante avanzata della destra. Votare Pd.

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