di Mario De Michele

La propaganda è finita. Finalmente. Ora si può parlare di politica. E per una volta facciamolo fuori dai denti. Il mondo che si è radunato ieri al Tulip Inn di Gricignano, quartier generale di Stefano Graziano, dove il capolista Pd alla Camera ha chiuso la campagna elettorale con gli altri candidati del centrosinistra, ha fatto venire a galla, al netto dei numeri record, una verità assoluta: la diserzione di Gennaro Oliviero è la cosa migliore capitata al partito democratico casertano negli ultimi 15 anni. Una fortuna che non ha prezzo. Il boicottaggio del presidente del consiglio regionale ha dato la stura a un processo di aggregazione mai visto prima. Più che la bottiglia di champagne per l’elezione di Graziano, già acquisita, gli iettatori si diano pace, ieri sera è stato “stappato” il Pd. C’è stata la certificazione che Oliviero non era un valore aggiunto ma un ostacolo alla crescita politica del partito. Il timoniere del parlamentino campano era una “bolla elettorale” che ha dopato i democrat fino a farli snaturare. Come quei culturisti che di umano non hanno più nulla. Sono un ammasso di muscoli che col tempo si afflosciano e diventano carne morta. Il Pd a trazione Oliviero era un amalgama mal riuscito frutto di un alchimista improvvisato che ha prodotto una miscela devastante. Peggio del napalm. Aveva fatto terra bruciata attorno a un mondo, quello di ieri, che da troppo tempo si sentiva orfano di una rappresentanza politica degna di questo nome. Oliviero ha mutato geneticamente il partito. E ha preso forma un mostro. Lontano anni luce dalla Cultura politica democristiana e comunista. Usiamo la C maiuscola non a caso. Il presidente dell’assemblea regionale ha trasformato il Pd in un cartello elettorale. Un partito in perenne letargo sulle questioni politiche, attivissimo quando si apriva la stagione della caccia ai voti o alle tessere. Il Pd è stato accerchiato dalla tribù di Oliviero. Quella tribù che ballava adorante attorno all’apprendista stregone del Psi. Qui c’è stato il primo corto circuito tra due mondi diametralmente opposti, quello che ieri ha invaso il Tulip Inn con le auto parcheggiate fin quasi all’imbocco dell’autostrada per Napoli e quello che invece è rimasto a casa nella pia speranza di un flop. Quello dei democratici veri e quello dei democratici contronatura, abituati al padre padrone che con la bacchetta del potere dirige una banda da festa di paese. C’è stato il blackout tra il mondo dei giovani animati dalla voglia di cambiare e quello dei giovani-vecchi che si cibano di briciole. Tra quello dei militanti della Dc e del Pci che hanno siglato il compromesso storico non riuscito a Moro e Berlinguer e quello dell’uomo solo al comando. Due mondi. Due visioni antitetiche della politica. Due modi di vivere inconciliabili. Ieri è saltato il tappo. Ne avevamo avuto contezza già quando Letta è arrivato a Caserta. Tra le centinaia e centinaia di persone (neanche lì c’è stato il tanto agognato flop) abbiamo intravisto Peppe Venditto e ci siamo chiesti come fa uno con la sua storia, il suo rigore morale, la sua innata probità a stare nello stesso partito di Peppe Moretta? Come fanno i dem di San Nicola la Strada, ad esempio Luigi Russo, la bontà fatta persona, a convivere politicamente con quella parte di neo dem o ex dem di Marcianise che si sono divorati la zona Asi con la voracità di lupi affamati? Da ieri, 22 settembre 2022, quella coabitazione forzata da separati in casa non c’è più. Ieri, 22 settembre 2022, è nato il partito democratico casertano. Che, ne siamo certi, andrà avanti veloce perché si è liberato del freno Oliviero. La sua diserzione è manna dal cielo per i democrat. Lo ha detto a chiare lettere Giovanni Zannini, presidente della commissione Ambiente del consiglio regionale della Campania, gradito ospite a sorpresa della convention: “Io e i miei amici, noi dell’area moderata, voteremo per il Pd solo e soltanto perché è candidata gente come Stefano Graziano, Tommaso De Simone e Vincenzo Santagata. Con loro si può fare un percorso assieme. Ma vogliamo garanzie, vogliamo vedere fatti concreti, vogliamo valutare il Pd sulla scorta delle scelte che mi auguro saranno diverse da quelle del recente passato”. Tradotto: se il referente politico del Pd è Graziano ragioniamo, se è Oliviero arrivederci e grazie! Ai microfoni di Campania Notizie Zannini ha fatto un esempio plastico: la posizione dei consiglieri provinciali dem “che continuano a intendere il loro ruolo come se fossero stati votati dal popolo e non hanno ancora compreso che la ratio della legge impone responsabilità istituzionale e fattiva collaborazione per risollevare le sorti del territorio”. Non ha torto Zannini. I componenti del consiglio provinciale, tutti olivieriani tranne il “redento” Enzo Guida più ondivago di un pungiball (per conferma chiedere a Pasquale Sommese e figlio), girano a vuoto invece di rimboccarsi le maniche anteponendo almeno per una volta gli interessi dei casertani a quelli di bottega, anzi di tribù. Ed eccoci giunti al crocevia della morte. Oliviero ha commesso un errore fatale: considerare il Pd alla stessa stregua del “suo” Psi. Ha lanciato un’opa ostile per mettere le mani sul partito. Ma il tentativo è miseramente fallito perché si è basato su un assioma sbagliato in partenza: il partito democratico non è per nulla come il “suo” Psi. Per fortuna. Sembra una bestemmia per quello che è accaduto e sta accadendo adesso ma il Pd è innanzitutto una comunità. Che si confronta. Che discute. Che si scontra. Con un punto fermo: l’interlocutore è un compagno di partito, un viandante con cui tracciare il sentiero camminando assieme, come direbbe Machado. E non un nemico da abbattere violando qualsiasi regola, anche quelle dell’appartenenza, della condivisione, dell’etica. Nella strabordante sala del Tulip Inn c’erano persone con gli occhi lucidi perché si è ritrovato il senso della comunità. Dello stare assieme. Dell’unità. Del popolo del centrosinistra. Che ha una visione della società nettamente alternativa a quella di Salvini e della Melona, come la chiama Giovanna Petrenga. Un popolo che, come sosteneva Bobbio, ritiene che gli uomini siano “più eguali che diseguali”. Nel folto pubblico c’era un ex assessore provinciale, già consigliere regionale e senatrice: Lucia Esposito. Era seduta in decima fila come una scolaretta al primo giorno di scuola. È questione di stile. Lo ha fatto giustamente notare il moderatore della serata Carlo Marino. Un plauso al sindaco di Caserta, coordinatore provinciale della campagna elettorale delle politiche. Certo, sappiamo che Marino e la Esposito non si sono mai troppo amati. Ma da veri militanti di partito hanno risposto alla chiamata alle armi. Sono sullo stesso fronte. A combattere contro chi vorrebbe portare l’Italia 70 anni indietro. In trincea c’era anche Pina Picierno che Campania Notizie, o meglio il sottoscritto, ha talvolta criticato gratuitamente scadendo nell’inopportuno. Chiedo venia. Il tempo le ha dato ragione. La vicepresidente del Parlamento europeo ha dimostrato sostanza e qualità. In politica si può essere fortunati una volta. La Picierno, seppur giovane, ha già fatto parecchia strada. E piaccia o no, si è meritato il ruolo di prestigio che occupa. A proposito di meriti. Ci sarà un perché se Graziano è andato a Roma e ci tornerà mentre Oliviero è fermo da 40 anni a Napoli? E come mai Letta e De Luca interloquiscono con il capolista Pd, che da quasi due anni non ricopre cariche pubbliche, e non si filano il presidente del consiglio regionale? Il motivo è semplice: in politica come nel calcio ci sono giocatori di Serie A e giocatori di Serie B. Non è un caso se Graziano è titolare fisso in prima serie mentre Oliviero quando appenderà le scarpette al chiodo avrà calcato soltanto i campetti dei cadetti. Graziano ha un altro passo. “Legge” la politica, ne comprende le dinamiche, conosce le regole della dialettica. Oliviero no, perché nel “suo” Psi non è mai stato attorno a una tavola rotonda, era sempre seduto a capotavola. E qui arriviamo al suo autogol più clamoroso. Come si fa a pretendere da un militante Pd di non votare per il Pd? È follia. Infatti il suo sabotaggio elettorale ha prodotto l’effetto contrario. Tra le sue truppe è iniziato a serpeggiare il malcontento. “Si rende conto di quello che sta facendo?”, si chiedono attoniti tantissimi suoi seguaci. Che anche in termini pratici sono in forte difficoltà. Alle regionali hanno chiesto il voto per Oliviero, candidato nel Pd, oggi dovrebbero far votare un altro partito, e quando sarà di nuovo in corsa Oliviero con i dem dovranno spiegare agli elettori che stavolta si può mettere la croce sul simbolo del Pd. Sisifo faceva meno fatica. Risultato? La corte di Oliviero si sta svuotando. E il re è nudo. Tutti questi imperdonabili errori Graziano non li avrebbe commessi nemmeno in cento vite. Il capolista dem sa arpeggiare con la politica mentre Oliviero è soltanto un animale da voti. È una questione di corde. Il capo dell’assemblea regionale è politicamente scordato. Oggi in tutti i sensi. La campagna elettorale è una guerra. E mai come stavolta sanguinaria. Sull’altro fronte c’è una destra reazionaria e pericolosa. Oliviero ha disertato. Va fucilato (è quello che abbiamo scritto nella prima versione del pezzo, che ha suscitato scandalo). Aggiustiamo il tiro, sempre in senso figurato. Lo facciamo per andare incontro alle persone appena alfabetizzate che non hanno compreso il nocciolo politico del ragionamento. Per noi l’estromissione dal mondo dem di Oliviero è un atto dovuto. Mica auspichiamo che venga messo al muro! Abbiamo scritto, sempre in senso figurato, che non è un crimine contro i diritti politici. Lo stabilisce la legge marziale. È un atto legittimo. Obbligatorio. Per il bene del Pd casertano. E forse dello stesso condannato (politicamente) a morte. Solo quelli in malafede fingono di non capire che la metafora marziale è un artifizio retorico per censurare l’inaccettabile condotta di Oliviero che va “processato” per diserzione e cacciato dal Pd. Era così chiaro. Che ipocrisia. E che piattume culturale.

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