La sconfitta del partito di Silvio Berlusconi è un fatto innegabile sia per la dimensione del calo dei consensi in termini percentuali sia per l’abnorme, quanto inaspettata avanzata del Partito Democratico, che ha incassato, a mio modesto parere, il consenso di moltissimi elettori dell’area moderata spaventati dalla truce e minacciosa campagna elettorale di Beppe Grillo.

L’azione “grillina” violenta e destabilizzante, oltre che improduttiva sul piano delle concrete proposte per portare l’Italia fuori dal guado di una crisi economica e sociale, ha indotto molti elettori a scegliere, obtorto collo, l’opzione politica proposta da Matteo Renzi. Una scelta dettata sia dalla fresca figura del giovane Presidente del Consiglio  sia per il suo programma di governo mirabolante nelle promesse e tutt’ora evanescente nelle cose concrete. Di converso Forza Italia non ha saputo riproporre i temi cari al ceto medio produttivo, ai professionisti, agli imprenditori ed a tutti coloro che avversano ogni forma di statalismo assistenziale e pauperistico. Una proposta ancora più sbiadita dalla impossibilità di Silvio Berlusconi di poter compiutamente svolgere la campagna elettorale con grave danno per la resa elettorale.

Tutto questo ha posto in rilievo l’esigenza, per il partito di Berlusconi, fin’ora passata sotto traccia, di dover realizzare una diversa idea di Partito, che pur mantenendo elementi di movimentismo e di scarsa strutturazione sul territorio, deve necessariamente procedere a forme di selezione della classe dirigente che partendo dal basso e basandosi sul consenso degli iscritti e dei simpatizzanti individui elementi che si guadagnino sul campo il bastone del comando.

Un moto ascendente che archivi la stagione delle nomine calate dall’alto e determinate più che dalla capacità dei prescelti, dalla loro vicinanza al leader maximo ed alla ristretta cerchia a lui intorno.

È questa la chiave di lettura, tutta interna a Forza Italia, che ha determinato il massiccio numero di preferenze per Raffaele Fitto che delle esigenze di rinnovamento si è fatto promotore, e non da oggi.

Fitto,infatti, ha saputo coniugare la coerenza e la lealtà verso Silvio Berlusconi, nel momento del massimo bisogno, sia l’analisi del contesto in cui deve muoversi il più grande Partito del centro-destra.

Un suffragio, quello dato a Raffaele Fitto, che è un buon viatico per avviare la nuova stagione del cambiamento in Forza Italia e che conferisce al depositario di quel consenso l’autorevolezza necessaria, oltre che certificata, per essere uno dei leader di Forza Italia.

Tornando alle più piccole cose della vicenda elettorale in Campania ed in provincia di Caserta, occorre dire con chiarezza che lo sforzo di Raffaele Fitto è stato largamente osteggiato dalla locale dirigenza del Partito, prona e silente di fronte alle direttive provenienti da Palazzo Grazioli. L’analisi del voto fatta dal coordinatore regionale e dal triumvirato che regge il coordinamento provinciale è parsa semplicistica, consolatoria e per certi versi autocelebrativa .

Un’analisi nella quale si è parlato di tutto per giustificare il niente. Il calo nella nostra regione e nella nostra provincia ha determinato il dimezzamento dei consensi al termine di una campagna elettorale tutta sulle spalle dei singoli candidati ed è abbastanza puerile accreditare a consensi dati al Partito anche la cifra elettorale di cui sono depositari i candidati medesimi.

La limitazione di spazio editoriale mi impedisce di elencare una lunga serie di dati numerici che ben comprovano il mio ragionamento, basti pensare  che in molti comuni la lista di Forza Italia è ben sotto il 10 % dei consensi. Quanto alla provincia di Caserta è proseguita incessante da parte dei dioscuri napoletani l’opera di colonizzazione della nostra provincia per il tramite di coloro che in cambio di una poltrona hanno inteso assecondare questo disegno politico. Un caso per tutti: a Castel Volturno, popolosa città del litorale domitio, il simbolo di Forza Italia è stato attribuito alla lista che ha saputo, per il tramite di qualche ascaro locale, rivolgersi alla vicina città di Sant’Antimo ove ha la sede operativa e decisionale del Partito nella Regione Campania. A questo stato generale di cose converrà opporsi con decisione, non tanto per difendere l’identità politica della provincia di Caserta, quanto per costruire una forza politica che non debba dipendere dalle altrui estranee determinazioni.

Questa provincia ha espresso leader capaci di imporsi sul piano nazionale e regionale, e il centro-destra deve a questi leader l’aver risalito la china, basti ricordare che tempo addietro Forza Italia navigava al di sotto del 10% dei consensi nella città di Napoli ed in gran parte della restante regione.

Il “bassolinismo” imperava ed il centro-destra inanellava sconfitte relegato in posizione di marginalità. L’aver invertito questa situazione fino a raggiungere oltre il 50% dei consensi in regione, conquistando Comuni, province e la regione medesima é frutto del diuturno lavoro di quei dirigenti di partito. Non è un caso che la parte politicizzata della magistratura abbia dedicato particolare attenzione a quegli uomini politici ai quali il tempo darà ragione non solo nelle sedi processuali. É questa eredità di stime e di consensi squisitamente politici dai quali ripartire senza calcoli ed umane miserie.

Vincenzo D’Anna

Senatore Gal

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