C’è la svolta. Ha confessato di aver accoltellato lui Maurizio Cerrato, di aver «puntato la lama alla spalla», ma che nella concitazione lo aveva colpito più in basso, al cuore, ammazzandolo. E ha confermato che quello ripreso accanto a lui nei pochi frame che ritraggono la vile aggressione ai danni del 61enne custode degli scavi di Pompei era il papà Francesco Cirillo, 67 anni, pluripregiudicato del parco Apega di Torre Annunziata, che ha trascorso già quasi quarant’anni di vita in cella per furti, rapine e spaccio di droga. Scarcerato lo scorso febbraio, da ieri è tornato in carcere, stavolta con l’accusa di concorso in omicidio volontario. In cella c’erano già il figlio 32enne Antonio Cirillo, ora accusato di essere l’autore materiale dell’assassinio, nonché i fratelli Domenico e Giorgio Scaramella, 50 e 42 anni, il primo pregiudicato e con precedenti anche per camorra, il secondo fioraio sfuggito a un agguato un anno fa. Furono loro, nel tardo pomeriggio del 19 aprile scorso, ad istigare i Cirillo e a guidare la vendetta contro Maurizio Cerrato, che era giunto in via IV Novembre a Torre Annunziata per sostituire la ruota che gli Scaramella avevano squarciato all’auto della figlia Maria Adriana, ragazza «colpevole» di aver spostato una sedia per parcheggiare su un posto in strada che loro ritenevano «di proprietà».

«Con questo arresto, abbiamo chiuso il cerchio e assicurato alla giustizia tutte le persone che hanno partecipato all’omicidio di Maurizio Cerrato» scrive, in una nota, il procuratore Nunzio Fragliasso, capo della Procura di Torre Annunziata. Le indagini, coordinate dalla Procura oplontina (sostituto Giuliana Moccia), sono state condotte per tre mesi e dieci giorni senza sosta dai carabinieri della sezione operativa della compagnia di Torre Annunziata, agli ordini del maggiore Simone Rinaldi e del tenente Sebastiano Noè Somma. Attività investigative complicate, rese ancora più difficili dalla reticenza incontrata, dalle testimonianze a metà, dai tanti silenzi e dai tentativi di depistaggio, che avevano addirittura portato all’arresto di un innocente. Ieri mattina, il gip Mariaconcetta Criscuolo ha firmato l’ordine di arresto anche per Francesco Cirillo, raggiunto a casa e trasferito in carcere. Proprio grazie alle indagini per verificare l’alibi del 27enne Antonio Venditto, poi scagionato e scarcerato su richiesta della Procura, si è squarciato il velo di omertà ed è venuto fuori il nome di Francesco Cirillo, poi associato al volto ripreso in uno dei frame delle telecamere interne al parcheggio. Quei filmati erano stati cancellati dai titolari del parcheggio (poi risultato abusivo e chiuso) i quali, una volta indagati per favoreggiamento, davanti all’evidenza di una perizia informatica sui loro telefonini hanno deciso di fornire la loro testimonianza: avevano rimosso volontariamente il video perché minacciati da Giorgio Scaramella, ma lo avevano prima rivisto. Dalle intercettazioni ambientali e dai messaggi recuperati sui cellulari degli arrestati, poi, sono emerse altre prove. Gli interrogatori forniti, di volta in volta, dai vari indagati hanno chiarito tutte le fasi. Domenico Scaramella, in compagnia dei Cirillo, uscì di casa e squarciò la ruota della vettura di Maria Adriana con un coltello, e poi si allontanò in macchina insieme ai due. Poco dopo, Giorgio Scaramella lo videochiamò per chiedere aiuto: insieme alla sorella aveva litigato prima con la ragazza, poi era intervenuto Maurizio Cerrato e lui aveva avuto la peggio. Voleva vendicarsi. Poco dopo, con la ruota ormai sostituita e gli animi placati, partì la spedizione di morte. Giorgio Scaramella piazzò lo scooter davanti all’ingresso del parcheggio, il fratello Domenico e i Cirillo accerchiarono Cerrato, braccandolo, colpendolo con pugni al volto e con il coltellaccio usato per la ruota.

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