La «conta» delle garze non tornava ma dalle indagini strumentali effettuate non uscì nulla. In effetti, anche durante l’autopsia effettuata a sette mesi dal decesso dell’imprenditore Umberto Maddolo, non è stato semplice rinvenire la garza «dimenticata» nel corpo del 62enne di Montecorvino Rovella, deceduto poco dopo l’intervento chirurgico al cuore a cui fu sottoposto a dicembre scorso. Solo con l’esame degli organi, è stato possibile rinvenire la garza. Ricoverato al San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona per problemi cardiaci, a Maddolo furono effettuati due by pass e nel corso dell’intervento gli sarebbe stata sostituita anche una valvola aortica dall’équipe del primario Enrico Coscioni, direttore dell’unità operativa complessa di Cardiochirurgia, indagato insieme ai suoi collaboratori per omicidio colposo e responsabilità colposa in ambito sanitario. Il sostituto procuratore Lidia Vivaldi, per vederci chiaro, e avendo il sospetto che qualcosa fosse andato storto sia dalla visione della cartella clinica che dagli esami effettuati subito dopo l’intervento chirurgico a corredo della denuncia prodotta dai familiari della vittima (moglie e figli che sono parte lesa), ha disposto la riesumazione della salma per l’autopsia: nel corpo dell’uomo è stata trovata una garza di circa 15 centimetri che avrebbe portato Maddolo alla morte. Tra novanta giorni i risultati dell’esame autoptico saranno depositati, ma nel frattempo i carabinieri del Nas (agli ordini del colonnello Basile) che hanno sequestrato la garza continuano ad indagare sugli accertamenti clinici e su quanto trascritto in cartella per chiarire tutti gli aspetti della vicenda.

Una serie di indagini utili a vagliare la posizione dei cinque indagati (oltre a Coscioni, i chirurghi Gerardo Del Negro e Francesco Pirozzi e gli anestesisti Giuseppina Fezza e Pietro Toigo, questi ultimi due si sono succeduti uno all’altro per cambio turno) per verificare l’eventuale responsabilità di ognuno e se ci sia un nesso tra il ritrovamento della garza e l’evento morte in una situazione già compromessa dalle condizioni di salute del paziente (nel collegio difensivo, tra gli altri, gli avvocati Gaetano Pastore e Laura Ceccarelli). Sulla vicenda è intervenuto anche il direttore generale del Ruggi, Vincenzo D’Amato, che ha espresso fiducia nella magistratura salernitana e nell’inchiesta giudiziaria che vede coinvolti il dottor Enrico Coscioni e il suo staff: «nell’esprimere vicinanza alla famiglia del paziente defunto, la direzione generale depone la più ampia fiducia nell’attività degli inquirenti e degli organi di polizia giudiziaria auspicando un rigoroso quanto celere accertamento dei fatti e continuando ad offrire la massima collaborazione, certo che le indagini in corso riusciranno a fare chiarezza sulla causa del decesso e dell’intera vicenda». Il manager dell’azienda ospedaliera, a tutela dei tantissimi assistiti che si rivolgono al nosocomio salernitano per risolvere un proprio problema di salute spesso di elevata complessità e ricevendo risposte adeguate ed appropriate, crede che «nella fase attuale sia corretto non anticipare i tempi della magistratura ed attendere con fiducia gli esiti della verifica degli accadimenti che hanno portato al decesso del paziente». E, così, sul decesso del 62enne, morto poco dopo aver subito un delicato intervento chirurgico al cuore, la procura salernitana ha deciso di approfondire e far chiarezza dopo i primi accertamenti che avevano lasciato qualche dubbio, disponendo la riesumazione del cadavere (sepolto nel cimitero di Capaccio) e procedere con l’autopsia.

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