Visite domiciliari, controlli, device per monitorare l’ossigenazione del sangue e tenere sotto controllo la pressione o l’attività del cuore nei malati fragili. E la novità: dall’inizio di quest’anno il reclutamento dei pazienti a rischio per la somministrazione dei monoclonali e dei nuovi farmaci antivirali come il Molnupiravir. Sono questi i principali compiti di cura domiciliare dei malati Covid affidati alle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale). Team di giovani medici che, dotati di auto, tute e mascherine, girano per le case dei pazienti sintomatici affetti da Sars-Cov-2. Furono introdotti in epoca prevaccinale in tutte le regioni con un decreto del governo il 9 marzo 2020. Il rapporto è di 1 medico Usca ogni 50 mila abitanti. Erano considerati sufficienti nelle precedenti ondate ma oggi pochissimi rispetto ai numeri della nuova ondata che ricadono soprattutto sul versante domiciliare delle terapie. Oggi un malato Covid che accusa sintomi attende anche una settimana per avere una visita e con difficoltà riesce a raggiungere anche solo al telefono il proprio medico. «È impossibile fronteggiare una platea di oltre 35mila positivi attivi – spiega Candida Silvestri, medico Usca a Napoli – anche volendo escludere tutti quelli che non alcun segno del virus sono centinaia ogni giorno I sintomatici. Va chiarito che la grande maggioranza di questi ha solo un raffreddore e non ha bisogno di nulla. Pertanto ci concentriamo sui casi più seri e complessi. Molti allertano il servizio per paura. Lavoro anche in guardia medica e di notte arrivano fino a 200 telefonate per turno. Bisogna fare attenzione solo ai non vaccinati e ad alcuni anziani fragili in cui il Covid complica il quadro. Nei casi più gravi facciamo la visita ed effettuiamo anche ecografie polmonari sotto la regia di specialisti e medici di base. I fragili li seguiamo con telefonate periodiche». I medici Usca sono gli unici ad andare a domicilio dai malati Covid ma sono pochi rispetto ai numeri dell’epidemia: a Napoli per circa un milione di abitanti dovrebbero essere 20 ma poiché viaggiano in coppia sono il doppio, 40, divisi in 5 squadre su due turni di lavoro (8-20). Da gennaio è stata prevista anche una guardia notturna. Quattro o 5 di essi svolgono una funzione di segreteria per raccogliere le richieste, via mail, dal 118, dai medici di medicina generale e dai pediatri oltre che dalle unità di prevenzione delle Asl. Il servizio a Napoli è coordinato da Antonio Maddalena. Altri medici delle Usca sono deputati solo ai tamponi. Da ottobre del 2020 al 12 gennaio scorso sono stati in totale 4.656 i malati Covid seguiti a casa di cui 701 hanno avuto bisogno dell’ospedalizzazione e 101 sono deceduti. «Casi gravi non ve vediamo quasi più e di rado ne ospedalizziamo qualcuno» spiega la dottoressa Silvestri.

«I pazienti arruolati in questo momento per assistenza domiciliare Covid sono 314 di cui 34 oggi e 17 dimessi in quanto guariti – sottolinea il manager della Asl Ciro Verdoliva – questo servizio è prezioso ma è chiaro che di fronte ai numeri dei nuovi sintomatici che emergono ogni giorno non è possibile raggiungere tutti. Dobbiamo concentrarci sulle situazioni realmente bisognose di assistenza». Intanto anche il 118, quando valuta che non ci sono condizioni critiche, allerta le Usca: «Quelli che ci vengono segnalati sono pazienti più seri medio gravi – aggiunge un altro giovane medico che preferisce restare anonimo – ci danno nome e numero di telefono e noi andiamo. Ci sono persone, tra i no vax, che hanno così tanta paura che chiamano chiunque fino a quando non hanno una visita a casa anche se non necessaria. In alcuni casi selezionati facciamo anche l’ecografia toracica a domicilio. La saturazione a risposo e sotto sforzo è il principale parametro ma i malati poco seguiti fanno molti errori nell’automisurazione e nell’auto-cura e si crea un corto circuito». «I pazienti rispetto all’altra ondata sono triplicati – aggiunge Silvestri – il 99% sono no vax il resto vaccinati ma anziani e con diverse comorbilità. Facciamo circa 40 accessi al giorno. Il servizio funziona ma sono troppi i pazienti. Chiunque abbia sintomi influenzali, anche senza tampone, dovrebbe restare 5 giorni a casa e altri due senza sintomi per semplificare quarantene e green pass che rendono oggi tutto più complesso. Con questi numeri anche il miglior servizio va in crisi. A Napoli 1 su 30 ha i sintomi e 1 su 3 è un contatto di un positivo. Oggi siamo tutti frustrati e insoddisfatti, medici e pazienti. Bisogna ridurre gli allarmi e vaccinare quanto più possibile. I vaccinati non sviluppano la patologia grave e anche se arrivano ad avere bisogno di ossigeno non sono mai da ospedalizzare tranne chi ha patologie croniche serie, come gli oncologici in fase attiva».

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui