Il sasso nello stagno lanciato da Campania Notizie ha prodotto uno tsunami. Appena abbiamo pubblicato l’articolo (clicca qui) sulle bollette inviate ai cittadini di Sant’Arpino dall’Acquedotti Scpa per il servizio di depurazione e fognatura, su Fb si è scatenata una ridda di proteste. E centinaia di contribuenti hanno manifestato con toni variegati, dall’ironico al rabbioso, il loro malcontento per le tariffe applicate dalla società idrica. “Non è acqua, ma champagne”, ha commentato qualcuno usando l’arma dell’umorismo. “Usurai”, ha scritto qualcun altro in un post tranchant. Poi una raffica di “vergogna”. Eccessi social? Forse. Fatto sta che non si può dare torto a chi come Antonio Spuma scrive: “Come è bella la vita, pagare l’acqua senza lavorare nel negozio, veramente bellissimo”. Antonio è uno dei tanti parrucchieri costretti ad abbassare le serrande per l’emergenza Covid. Eppure per il bimestre febbraio-marzo 2021 si è visto recapitare una cartella di 46,04 euro. Viene da chiedersi: ma l’acqua non si paga a consumo? Medesima brutta sorte toccata a Francesca Cicatiello che ha pubblica un commento laconico: “Negozio, guardate!”, con allegata bolletta da 212,15 euro. Una situazione francamente inaccettabile che esige immeditati chiarimenti innanzitutto da parte dell’attuale maggioranza guidata dal sindaco Giuseppe Dell’Aversana, in seconda battuta dai vertici della società idrica. Agli smemorati dell’amministrazione comunale ricordiamo che l’adesione all’Acquedotti fu il frutto di una scelta politica avallata dal civico consesso il 30 ottobre 2018. Oltre a Dell’Aversana, votarono a favore Caterina Tizzano, Ernesto Di Serio, Ivana Tinto, Loredana Di Monte, Gennaro Capasso, Salvatore Lettera, Gennaro Vitale e Speranza Belardo. Addirittura anche gli allora esponenti dell’opposizione Elpidio Maisto e Pina Drea, poi entrati nella corte del primo cittadino, diedero il via libera all’operazione. Mentre i consiglieri di minoranza (lo sono tuttora) Iolanda Boerio e Maria Rosaria Di Santo abbandonarono l’aula al momento per protesta. Non parteciparono all’assemblea consiliare Imma Quattromani e Mimmo Iovinella, all’epoca assessore e oggi all’opposizione, che si assentò per motivi strategici (fa parte del cda del Consorzio Idrico Terra di Lavoro). L’altro transfuga-consigliere Rosaria Coppola alzò la mano per dire sì all’ingresso del Comune di Sant’Arpino nell’Aquedotti Scpa. E qui bisogna rimarcare un altro aspetto fondamentale: l’ente locale detiene una quota della società idrica che, altro elemento da sottolineare, è maggioranza pubblica (51% ai Comuni, 49% alla Ottogas). Spetta quindi agli amministratori dare risposte in merito all’invio di presunte “bollette pazze”. Non solo. Assieme alla convenzione, che scade nel 2049, fu approvata anche la Carta dei servizi del cittadino.  Cosa prevede? È lo strumento con cui qualsiasi soggetto che offre un servizio pubblico individua gli standard della propria prestazione, dichiarando i propri obiettivi e riconoscendo specifici diritti al cittadino. La Carta è anche il mezzo con il quale si attua il principio di trasparenza, attraverso la esplicita dichiarazione dei diritti e dei doveri sia del personale, sia degli utenti. In altre parole la convenzione non è il Vangelo. In caso di irregolarità o disservizi può essere strappata ben prima del 2049. Su Fb qualche cittadino invoca la rivolta popolare. Basterebbe che gli amministratori locali facessero semplicemente il loro dovere: tutelare gli interessi della collettività.

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