Se il quadro politico locale che si sta delineando in questi giorni dovesse malauguratamente per i cittadini trovare sbocco in accordi ufficiali, beh, è molto probabile che ad Orta di Atella nemmeno il 28 marzo del 2021 scatterà l’ora legale. Anzi si rischia seriamente di riportare le lancette indietro di 20 anni. In attesa del pronunciamento del Tar sul ricorso contro lo scioglimento del consiglio comunale per camorra (udienza a fine gennaio, decisione tra febbraio e marzo) i soliti burattinai, che non ci pensano proprio ad andare in pensione, stanno muovendo i fili dei pupi che faranno le loro veci alle prossime amministrative. Nonostante il Covid non sono mancati gli incontri ravvicinati di quarto tipo in ogni fronte. Definire in modo chiaro la cornice politica della realtà ortese è impresa ostica. Dagli anni della cementeficazione selvaggia i partiti hanno ceduto il passo ai biechi interessi personali. Lo sport più praticato è stato il salto della quaglia. E ben prima che in Serie A fossero possibili 5 cambi a partita, nell’ambito politico i cambi erano più veloci della luce. Al punto da non capire chi fosse all’opposizione e chi in maggioranza. Ruoli molto spesso che si sovrapponevano perché il “sistema” non doveva crollare. E chi più chi meno ne faceva parte. Nelle carte giudiziarie e negli atti urbanistici comunali ci sono nomi e cognomi di chi ha raccolto i frutti degli anni del cemento.

In una poltiglia del genere collocare Tizio nel centrosinistra piuttosto che nel centrodestra non è per nulla facile. Affermare che Caio è sempre stato di centro è impossibile. Così come non si può posizionare Sempronio nell’alveo del civismo. La verità è che la politica era un taxi che consentiva a ognuno di raggiungere la destinazione tanto desiderata. Nel migliore, si fa per dire, dei casi si trattava di incarichi e consulenze e posti di lavoro. In altre circostanze erano in ballo tangenti. Dopo 20 anni di disastri e dopo che quello che è considerato dalla magistratura e dai suoi nemici il principale artefice dei danni del passato, ossia Angelo Brancaccio, è fuori dai giochi da quasi 4 anni perché in cella, ci si sarebbe aspettato quanto meno che i coprotagonisti di quella stagione politica al prossimo giro amministrativo sarebbero stati fermi ai box. Invece niente. Sono ancora lì a ordire trame e alleanze con l’unico obiettivo di rimettere pienamente le mani sulla città.

I LUPI DI MARE GIGINO ZIELLO E CARMINE VOZZA E GLI AGNELLINI ESPEDITO E MARIO

Luigi Ziello e Carmine Vozza

Nel campo che possiamo chiamare, ma chi vuole stomaco, di centrosinistra Gigino Ziello, già sindaco (chiamato in causa dai pentiti dei Casalesi) ed esponente di spicco del “partito dei tecnici”, e Carmine Vozza, prima avversario di Brancaccio e poi suo alleato in cambio di posti di lavoro distribuiti in famiglia (per ammissione dello stesso ex primo cittadino) vogliono riprendere in mano il pallino del gioco proponendo come candidato sindaco due facce pulite: Ziello punta sul figlio Espedito, Vozza sul nipote Mario. Per carità due bravi ragazzi. Espedito Ziello è stato per due volte consigliere comunale (è uscente). In entrambi i casi non ha lasciato traccia. Mario Vozza non ha mai ricoperto incarichi amministrativi. Sarebbero pure due ottimi aspiranti primi cittadini se non fosse che non hanno avuto in questi anni le spalle tanto larghe da prendere le distanze politiche (sia chiaro, non familiari) da due figure ingombranti e imbarazzanti come Gigino Ziello e Mario Vozza. Proporsi a chiacchiere come il nuovo che avanza è trucchetto da principianti che anche un bambino svelerebbe. Tutti gli ortesi sanno che Espedito è emanazione del padre e Mario è un prolungamento dello zio. Altro che rinnovamento. È un balzo all’indietro di 20 anni. Peraltro attorno all’orbita dello pseudo-centrosinistra girano sempre i soliti ignobili nomi. Quelli di chi, imprenditori nati dal nulla durante il boom edilizio, non disdegnava di rivolgersi al boss Salvatore Mundo per farsi “dilazionare” le cambiali che doveva pagare ai fornitori. Ci scusiamo. Questi non sono politici. È gentaglia che sarà spazzata via dai debiti e dalle frequentazioni con ambienti camorristici.

INDACO E ROSETO NON SANNO CHE PESCI PRENDERE, MIGLIACCIO NON MOLLA L’OSSO

Peppe Roseto, Eduardo Indaco e Giovanni Migliaccio

Da corollario personaggi in cerca d’autore come Eduardo Indaco e Peppe Roseto. Il primo perennemente a caccia di uno sdoganamento da Brancaccio. Egregio ex assessore allo Sport, ripetiamo Sport, è mai possibile che lei continui a chiedere il salvacondotto a chi era gomito a gomito con Brancaccio quando scorrevano fiumi di soldi in città? La sua idiosincrasia alla politica è incurabile. Il secondo, il buon Roseto “Poltrone e sofà”, spera in una rottura tra i big per poter essere l’ultima spiaggia della coalizione. Ma come si fa! Non era il vicesindaco di Andrea Villano? Mah. Memoria corta. E soprattutto poca riconoscenza. Senza lo spintone di Marcello De Rosa, sindaco di Casapesenna, non avrebbe fatto nemmeno l’amministratore condominiale di un palazzo abusivo di Orta di Atella. Se Atene piange, Sparta non ride. Quella specie di centrodestra che si sta formando è da brividi. I promotori sono i consiglieri di maggioranza uscenti Antonio Arena e Raffaele Elveri e il nipote di Brancaccio Francesco Ragozzino, supporter della Lega. E fin qui, per quello che si è visto negli anni scorsi, non c’è da sobbalzare dalla sedia più di tanto. Da gelare il sangue nelle vene è il nome del papabile candidato sindaco. Nientepopodimenoché Giovanni Migliaccio. Sì, proprio lui. Un altro ex fedelissimo di Brancaccio, col quale ha concluso affari per centinaia di miglia di euro. Uno in particolare, come racconta l’ex sindaco ai magistrati, ammonta per la precisione a 250mila euro, frutto di una tangente per una mediazione su dei terreni dei familiari venduti agli immobiliaristi. Non c’è limite alla decenza.

IL COLLETTIVO DEI PALAZZI ABUSIVI VISIBILI, I 5 STELLE UNICA ALTERNATIVA MA DEBOLI

Francesco Comune ed Enzo Tosti

In movimento anche i comunisti all’acqua di rose di Città Visibile. Alcuni di loro poco attenti al cemento selvaggio perché vivono in palazzoni abusivi, realizzati durante il regno di Brancaccio. Del resto qualche loro “antenato” andava d’amore e d’accordo proprio con l’allora sovrano (anni prima e seconda variante al Prg). Vabbè è un segreto di Pulcinella. Facciamo come sempre nomi e cognomi: Nicola Comune, papà di Francesco, tra i leader del Collettivo. Il palazzo in cui la famiglia Comune vive è stato realizzato commettendo dai 5 ai 10 abusi edilizi. Città Visibile rischia di diventare invisibile perché il candidato sindaco dovrebbe essere ancora una volta Enzo Tosti, persona onesta, ci mancherebbe. Ma negli ultimi 15 anni si è proposto in cielo, in terra e in ogni luogo. È affetto da una forma cronica di candidite che rischia di portarlo a diventare il Maurizio Costanzo della politica ortese. Non ci riesce proprio a lasciare gli studi televisivi. Gli unici che potrebbero allestire uno schieramento serie sono i 5 Stelle. I parlamentari Giovanni Russo e Fabio Di Micco sono politici seri. Certo da loro ci sarebbe aspettato qualcosa in più in termini di impegno per il territorio, ma con l’emergenza Coronavirus tutta l’attenzione di Governo e Parlamento si è focalizzata a combattere il Covid. L’ex candidato sindaco Vincenzo Russo è una persona a posto. Ma i pentastellati da soli non hanno la forza di vincere. Se però si organizzano bene potrebbero diventare determinanti in caso di ballottaggio.

VILLANO E IL SUO GRUPPO IN VIA DI DECOMPOSIZIONE, DEL PRETE SINDACO IDEALE

Andrea Villano, Salvatore Del Prete e Angelo Brancaccio

C’è poi l’armata (Brancaleone?) dei consiglieri uscenti rimasti fedeli all’ex sindaco Villano. In questo caso nemmeno politologi di fama mondiale riuscirebbero a dire se si tratta di una coalizione di centrosinistra o di centrodestra. C’è l’attenuante del responso sullo scioglimento. Se il Tar, ipotesi molto improbabile, accogliesse il ricorso di Villano l’amministrazione tornerebbe in carica. Sulla durata non scommettiamo nemmeno un euro. È passata tanta acqua sporca sotto i ponti. Già prima del decreto del presidente della Repubblica gli equilibri interni erano fragili. Figuriamoci a febbraio. Non è nemmeno escluso che, anche in caso di vittoria davanti al Tar, Villano decida comunque di fare un passo di lato dimettendosi. Insomma, è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che trovare il bandolo della matassa nell’ex maggioranza. Orta di Atella sembra colpita da un sortilegio. Chi ha distrutto la città non vuole tirare le cuoia. In prima linea ci sono sempre gli stessi uomini, magari con la mascherina perché non sono presentabili. E allora perché non candidare a sindaco Salvatore Del Prete? Il figlioccio di Brancaccio, che poi ha rinnegato il padre (Tu quoque, Brute, fili mi!) sarebbe un ottimo primo cittadino. In 10 anni è stato sciolto per camorra solamente per due volte. Non c’è due senza tre. Un’altra chance se la merita.

Michele Apicella         

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