Nel ricorso presentato al tribunale del riesame per chiedere l’arresto di Penati, i pm di Monza, Walter Mapelli e Franca Macchia, sostengono che ci sono gravi indizi a dimostrare che il dimissionario esponente del Pd avrebbe finanziato il suo partito con i soldi delle tangenti da lui incassati.

 I magistrati spiegano, emerge con evidenza dagli atti dell’indagine che l’imprenditore Piero Di Caterina ha sostenuto spese e versato soldi a favore di Penati nell’interesse del partito. Nella sua ordinanza il gip aveva sottolineato che l’elemento probatorio di un pagamento di 2 milioni di euro a favore dell’ex sindaco di Sesto San Giovanni non fosse sufficiente a far ritenere che quella somma fosse poi finita al Pd, secondo i pm, pero’, ci sono ulteriori elementi, tra cui un contratto e una lettera relativa a quel pagamento che dimostrano il finanziamento illecito. A quanto si e’ appreso, non ci sarebbero telefonate “significative e di rilievo penale” tra Penati e alti esponenti nel Pd.

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