di Mario De Michele

Per chi fa il mio mestiere i “lanci” d’agenzia non sorprendono più di tanto. I giornalisti mangiano pane e news, si sa. Ma anche uno scafato come me è trasalito nel leggere la notizia dell’addio di Franco Genzale alla direzione di alcune testate del gruppo Lunaset.

A prima vista ho pensato che, nella girandola d’informazioni quotidiane, avessi letto o interpretato male il contenuto dell’agenzia. Poi, dopo averla riletta con attenzione, sono scoppiato a ridere. Mi è venuta una di quelle risate – capita a tutti nella vita – che partono in sordina: le labbra assomigliano all’abbozzo di una “u”, e le guance si gonfiano a poco a poco fino a tendersi da corrucciare tutto il volto, mettendo a dura prova le mascelle.

Nel mio caso – questo avviene solo in circostanze speciali – hanno ceduto anche gli occhi, divenuti il letto di un lago, che dopo essere esondato mi ha rigato il viso; i rivoli si sono infiltrati nella mia folta barba. Una risata fragorosa e incontenibile durata diversi minuti. Vi starete chiedendo perché la stia facendo così lunga per una notizia di così scarso interesse. Un motivo valido c’è.

Il “caso” Genzale in sé conta poco o nulla. Parliamo di un giornalista di provincia (quella irpina) che si è ben presto svegliato dal sogno di diventare un novello Montanelli ritrovandosi a vivere l’incubo quotidiano di essere soltanto uno dei tanti scribi dell’arcipelago giornalistico locale. Andando invece in profondità si scopre che anche alcuni fatti apparentemente irrilevanti e singole “miserie umane” possono nascondere chiavi di lettura indispensabili per aprire la cassaforte della comprensione di scenari molto più vasti, come il mondo dell’editoria, della comunicazione e degli operatori dell’informazione.

Perciò ho deciso di fare un’operazione di verità. E per onestà intellettuale devo premettere che fino a circa un anno fa anch’io lavoravo con il gruppo Lunaset (Giornale di Caserta, Buongiorno Caserta, Teleluna 2). Per una serie di ragioni vennero meno le condizioni per continuare quell’esperienza e così si chiuse, senza rimpianti, quella lunga parentesi lavorativa, faticosa e impegnativa ma essenziale per la mia crescita professionale e umana.

Detto questo, ed era doveroso puntualizzarlo, passiamo al “lancio” d’agenzia, grazie al quale una giornata uggiosa è stata illuminata da un esilarante raggio di sole. Riporto, quasi integralmente, il testo dell’Ansa (14 ottobre 2011): “Franco Genzale da oggi ha lasciato la direzione responsabile di Telenostra, del quotidiano Buongiorno e di Telebenevento, oltre alla direzione editoriale del gruppo Lunaset. Una decisione assunta dal direttore Genzale per motivi personali… La direzione di Telenostra e del quotidiano Buongiorno viene assunta direttamente dall’editore Pasquale Piccirillo. Genzale sottolinea che il distacco è legato a “motivi strettamente personali”.

Primo accenno di risata, soffocato sul nascere.

“Non ometterò, invece, di dire ai lettori che per cinque anni ho goduto di una autonomia totale decisamente rara nel mondo dell’informazione”.

Lo sforzo di restare serio mi sfinisce, inizio a sogghignare.

“E di ciò non posso non ringraziare ancora, Pasquale Piccirillo. Questa autonomia totale – ha concluso Genzale – mi ha consentito di fare, assieme ai colleghi, un giornale ed un telegiornale liberi da qualsiasi condizionamento”.

Mi sbellico dalle risate, mi scompiscio, direbbe Totò. Poi mi asciugo le lacrime. E ritorno serio. Meditabondo. Un dubbio insensato mi assale: ma è proprio lui? È la stessa persona o un caso di omonimia? Ovviamente è lui, Genzale. Che parla come un galantuomo di altri tempi. Che appare come uno strenuo paladino di legalità e libertà d’informazione. Che, addirittura, sembra la personificazione di correttezza e integrità. Quante belle parole, parole, parole, parole. Pronunciate con solennità nella speranza di rendersi credibile nella parte del giornalista duro e puro.

Spiacente, egregio ex direttore Genzale, lei non è all’altezza – in tutti i sensi – di interpretare un ruolo da prim’attore. La sua ultima esibizione è quella di un giullare di corte. Esimio ex direttore Genzale, lei ha chiuso la sua carriera di scriba con una performance da comiche finali. Glielo dico, senza astio (amore e odio si provano verso persone di valore) ma con vero rammarico, perché ha perso anche l’ultimo treno che avrebbe potuto condurla lontano dalla prigione dell’ipocrisia. Ha preferito coprirsi di ridicolo, e con lo spettacolo conclusivo si è reso protagonista dell’ennesima sceneggiata. Che tristezza.

Una fine ingloriosa dovuta forse alla consapevolezza che uno scatto di reni finale non avrebbe lavato l’onta indelebile dei tre anni di direzione di Buongiorno Caserta. Per ingannare i giornalisti di quella redazione ci vorrebbe ben altro che un guitto. Loro, i miei colleghi e amici – a parte qualcuno che ha preferito vivere nel ghetto farisaico della delazione – si sono trovati, loro malgrado, al centro di un film dell’orrore, in cui il serial killer faceva strage di giornalisti e del giornalismo.

A differenza dei suoi predecessori, Francesca Nardi (spigolosa ma sempre leale) e Giuseppe Venditto (pacato ma mai arrendevole) lei, insigne ex direttore Genzale, si è seduto sulla riva del fiume mentre i cadaveri dei suoi collaboratori passavano sotto il suo sguardo impassibile. Decine di giornalisti, poligrafici, web master, licenziati in una manciata di mesi, senza che lei, pregiato ex direttore Genzale, battesse ciglio per il timore di perdere la sua comoda poltrona.

Eppure, lei, proprio lei, avrebbe dovuto comprendere lo stato d’animo di chi si vede messo alla porta dalla sera alla mattina. Qualche anno fa, lei impeccabile ex direttore Genzale, fu cacciato dal “Mattino” per motivazioni controverse – qualcuno dice miserevoli – finendo nel guinness dei primati: tuttora figura tra i pochissimi giornalisti a tempo indeterminato silurati dai vertici del quotidiano di via Chiatamone. In quella circostanza un parlamentare, un certo De Simone, ebbe l’ardire di presentare un’interpellanza al presidente del Consiglio dei ministri e al ministro del Lavoro e della Previdenza sociale per denunciare quel “gravissimo atto antisindacale”. Non si riuscì a mettere una toppa. Neanche l’intervento sottotraccia, com’è nel loro stile, degli immarcescibili “boss” della politica irpina sortì l’effetto sperato.

Nel caso delle decine di giornalisti Lunaset, liquidati su due piedi, senza preavviso e senza rispetto per la dignità personale e professionale, lei, ineguagliabile ex direttore Genzale, non ha mosso un dito. Si è genuflesso, preoccupandosi solo di salvare il suo fondoschiena dal pericolo di incursioni indesiderate. L’unico che ha alzato la voce a tutela dei lavoratori è stato il presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania, Ottavio Lucarelli, che ha puntato l’indice contro i tagli ingiustificati e i metodi inaccettabili adottati dal gruppo Lunaset.

Lei, però, immenso ex direttore Genzale, troppo occupato a occupare… il più saldamente possibile la sua comoda poltrona, non ha tenuto conto della nemesi storica (mi auguro che capisca a cosa mi riferisco), per cui il “carnefice” fa una fine peggiore di quella delle sue vittime. Sono davvero addolorato per lei, insuperabile ex direttore Genzale, perché alla sua età non ha ancora compreso che “la gloria bisogna conquistarla, l’onore invece basta non perderlo”.

Ecco, fine della storia. E dalle storie, anche da quelle miserrime, bisogna trarne sempre degli insegnamenti. Da questa, perciò l’ho raccontata, arriva la conferma che in Italia il vero cambiamento passa attraverso l’abbattimento, in ogni settore, dei vecchi dinosauri della prima Repubblica, ancora in circolazione, seppure vestiti di nuovo.

Il vecchiume va gettato nell’immondizia e spedito in discarica. Gli arrampicatori sociali, i lacchè, gli inetti, i servi sciocchi devono essere spazzati via dall’onda degli indignati. Con la rivolta dei meritevoli si aprirà una breccia nelle fortezze delle caste e delle lobby. Oggi si marcia su Roma per abbattere il “partito della gnocca” e i potentati economico-finanziari. Oggi scende in piazza l’Italia migliore. Oggi si scrive una pagina nuova della nostra storia.

E questa sì che è una bella storia.

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