di Mario De Michele

Presidente regionale contro ex vicepresidente. Si potrebbe giocare in Emilia Romagna la partita più ostica del congresso nazionale del partito democratico. Stefano Bonaccini, tuttora governatore, e Elly Schlein, già suo braccio destro, sono ad oggi i nomi più quotati nella scalata ai vertici del Pd. Ma non è escluso che tra i due litiganti a godere sarà un terzo incomodo. All’inizio della prossima settimana è previsto un incontro tra l’area che si rivede nel segretario dimissionario Enrico Letta. Lui ha detto che sarà neutrale. Le sue truppe invece non staranno a guardare. Per ora hanno adottato la tattica dell’attendismo. Ma quando il gioco si farà duro i duri cominceranno a giocare. Al momento tra Bonaccini e Schlein sono più orientati a virare sull’ex vicepresidente della Regione Emilia Romagna, eletta alle ultime politiche come indipendente nella lista del Pd-Italia Democratica e Progressista. Tra i lettiani i petali da sfogliare sono tanti. Uno su tutti: ha senso appoggiare una non iscritta ai dem? L’indipendenza della Schlein pone un problema politico. Nel 2015 abbandonò il partito in dissenso con la linea dell’allora segretario Matteo Renzi. “Adotta politiche di centrodestra”, disse senza mezze misure. E aderì a Possibile, partito fondato da Pippo Civati. Da allora si è tenuta sempre a distanza di sicurezza dal Pd. Scelta che fa dire a una parte dei seguaci di Letta: “Houston, abbiamo un problema”. Rilanciare il partito con una candidata che, come direbbe Gramsci, non è organica al partito apparirebbe un ossimoro. Con un Pd già inondato di contraddizioni sarebbe difficile tenere botta alle primarie. Per Bonaccini e company sarebbe facile pigiare con forza sul tasto dell’appartenenza politica. A fronte di sondaggi catastrofici, che vedono il Pd sprofondare con il rischio di scendere sotto la “soglia psicologica” del 15%, i dem restano una grande famiglia. Militanti e iscritti accoglieranno nell’ovile la pecorella smarrita Schlein? È un punto di domanda cruciale nella decisione dei lettiani di schierarsi con lei o di intraprendere altre strade. Quella più facile, ma in parte dolorosa, conduce al portone di ingresso di Bonaccini. In particolare in Campania gli adepti di Letta, con l’appoggio al governatore dell’Emilia Romagna, si toglierebbero dall’impaccio di sostenere un candidato alla segreteria non gradito a Vincenzo De Luca (“Schlein? Non se ne parla!”) sempre più orientato a votare e a far votare per il suo omologo. Ma in una fetta della componente dell’ex premier non appassiona l’idea di dare troppo potere ai governatori di Regione. Sorgerebbe un conflitto di attribuzione di potere politico. Che fare? Qualcuno ha già avviato le grandi manovre per sondare il terreno per un terzo candidato in grado di tenere testa a Bonaccini e Schlein. Impresa ardua ma non impossibile. Consiglieri regionali e parlamentari campani salverebbero capre e cavoli. Se De Luca dovesse convergere sul terzo nome le primarie non sarebbero sanguinarie e non provocherebbero scossoni in Regione evitando al contempo una rottura tra governatore, deputati e senatori dem. In caso di contrapposizione si aprirebbero scenari imprevedibili e sdrucciolevoli. La partita del congresso nazionale del Pd si giocherà in Emilia Romagna? Se ne saprà di più nei prossimi giorni, quando i lettiani scioglieranno la prognosi: Bonaccini, Schlein, oppure…

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