Le offerte di lavoro non mancano, ma i percettori del Reddito di cittadinanza non le ritengono congeniali alle loro caratteristiche. In Campania il criterio della “condizionalità” – che obbliga i beneficiari ad accettare almeno una offerta “congrua” su tre, pena il blocco del sussidio – non funziona. Per coloro che declinano un’opportunità lavorativa, c’è sempre una scappatoia o un cavillo burocratico a disposizione per evitare l’esenzione dal beneficio. I profili ricercati dagli imprenditori campani sulla piattaforma MyAnpal, nell’arco degli ultimi 18 mesi, sono stati 9945. Le possibilità di lavorare sono per tutti i disoccupati, compresi i percettori del Rdc, che corrispondono alla quasi totalità di chi cerca un’occupazione. Il risultato è piuttosto sorprendente. Il numero delle assunzioni, tra i beneficiari del sussidio, è pari a zero. Quasi la metà dei posti riguarda le aziende della provincia di Napoli. Il settore con il maggior numero di “vacancies” è quello dei servizi, con quasi 6000 figure professionali ricercate, soprattutto per artigiani e operai specializzati. I contratti di lavoro sono appena 130 contratti, di cui nessuno per i percettori del Rdc. Al secondo posto, c’è l’edilizia con 1716 profili ricercati e solo 74 assunzioni. Il 40 per cento delle “vacancies” era per contratti a tempo indeterminato. Ma, su oltre 4mila offerte, sono state attivate solo 44 assunzioni. Il requisito della “condizionalità” non spaventa i percettori del Rdc, perché dalla mancata accettazione di un’offerta di lavoro non sono scaturite sanzioni, nonostante la legge istitutiva del Reddito di cittadinanza le preveda, attraverso lo stop dell’erogazione dell’assegno. Un effetto deterrente – secondo i piani del governo – avrebbe dovuto averlo anche il taglio di 5 euro su tutte le mensilità successive al rifiuto. Ma da queste misure non sono arrivati risultati utili ad incentivare il lavoro. La normativa sul reddito di cittadinanza rende particolarmente complicata l’applicazione della “condizionalità”. I beneficiari ritenuti potenzialmente “occupabili” sono tenuti a sottoscrivere il Patto per il lavoro con i Centri per l’impiego per avviare il percorso di inserimento. Ma fino a questo momento solo un’esigua minoranza dei percettori è stata presa in carico dai centri per l’impiego. Per coloro che si sono sottratti a quest’obbligo, stanno per scattare anche in Campania le prime cancellazioni dagli elenchi. Ma tutte le altre fasi del percorso di avviamento al lavoro destano numerose perplessità.

Il primo criterio da tenere in considerazione è quello dell’offerta “congrua”. Per gli operatori dei Centri per l’impiego i requisiti fissati dalla legge per stabilire la “congruità” di un’offerta non sono chiari. In particolare quello della «coerenza tra l’offerta di lavoro e le esperienze maturate» è un requisito piuttosto fumoso. «Capita frequentemente – spiegano gli operatori – che ci siano percettori che hanno lavorato con mansioni in qualche modo simili, ma che non sono esattamente quelle indicate nell’annuncio. E perciò le competenze non risultano sufficienti per gli imprenditori. Ancora più spesso accade che chi ha svolto in passato le mansioni richieste non sia più interessato a svolgerle». I passaggi successivi del sistema sono quelli più interessanti per comprendere quanto il meccanismo sia farraginoso. L’offerta di lavoro deve essere pubblicata da un imprenditore sulla piattaforma online MyAnpal e sul sito cliclavoro.it della Regione Campania. Ai Centri per l’impiego spetta l’individuazione dei candidati, in base al curriculum ed al requisito della residenza entro i 50 km dalla sede. I candidati vengono poi convocati dai CPI e, in questa circostanza, decidono se sottoporsi o meno al colloquio con l’azienda. La prima risposta dei percettori è quasi sempre scoraggiante. La rinuncia è all’ordine del giorno. «Sostengono spesso di avere problemi di salute, talvolta documentandolo, oppure asseriscono che la mansione non è congeniale alle loro caratteristiche». Talvolta capita che i percettori accettino di sostenere il colloquio, ma l’esito è identico. La proposta di lavoro, dunque, non viene formalizzata ufficialmente dall’azienda via raccomandata, come prevede la normativa. Il colloquio si interrompe subito e nessuno potrà registrare il rifiuto. Il mancato tracciamento da parte dei Centri per l’impiego impedisce qualunque possibilità di applicare sanzioni.

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