Nel giorno in cui l’assessore al Bilancio Pier Paolo Baretta porta in commissione consiliare il Salva Napoli, e dai consiglieri comunali arriva l’avvertimento «di non mettere mano alla leva dell’aumento delle tasse aeroportuali e portuali e all’Irpef», il sindaco contestualmente apre la trattativa con CdP – Cassa depositi e Prestiti. Un player fondamentale per dare respiro allo stesso salva Napoli. Atteso che con CdP il Comune ha una esposizione debitoria di circa 2 miliardi. Ieri nella conference call del sindaco con Dario Scannapieco – l’amministratore delegato di CdP – si è iniziato a discutere di come alleggerire questo peso. E si è aperta una finestra su altre collaborazioni. Ovvero è stato stabilito di comune accordo un cronoprogramma sui progetti di sviluppo ed investimenti che riguardano la città. Al centro il tema dell’Albergo dei poveri «su cui si lavorerà alla promozione di un’intesa tra pubblico e privato in modo da diversificare la destinazione della struttura – si legge in una nota – quindi l’apertura alla cittadinanza dell’ingresso al Molo di San Vincenzo in vista di una completa riqualificazione dell’area». Il Molo san Vincenzo è oggetto di uno studio del Comune per delocalizzarvi una parte della movida. E ancora la collaborazione con CdP dovrebbe allargarsi alla «realizzazione dei progetti Pnrr sul trasporto pubblico, sull’avanzamento dei lavori nell’ex Manifattura Tabacchi per la creazione del Polo Agritech e alla riqualificazione di Bagnoli. Visti i tempi il piatto forte resta la questione del debito del Comune di 5 miliardi, di cui 3 di parte finanziaria. Palazzo San Giacomo ha 750 posizioni aperte, di cui 700 con CdP che genera annualmente una rata peri soli interessi di 230 milioni. Il Comune è inoltre gravato da altri 175 milioni annui che coprono il resto del disavanzo. Dentro il debito finanziario C’è il debito storico frutto del commissariamento per il sisma del 1980, quello dei rifiuti che risale a 20 anni fa e per la bonifica di Bagnoli che vale complessivamente 300 milioni. Con CdP l’esposizione è di circa 2 miliardi di cui 1 come anticipazione di liquidità. Soldi che il Comune – la passata gestione – ha chiesto per erogare i servizi e pagare i creditori attesa la scarsa capacità di riscossione ma sempre di debito si tratta. E su questo miliardo si sta lavorando per cercare di abbassare i tassi di interesse. Per avere un’idea di cosa si sta parlando basta dare uno sguardo ai tassi di interesse. La compagine societaria di Cdp è composta dal Mef per l’84%. Vale a dire che il Comune è indebitato con il Ministero delle Finanze. Il tasso di interesse dei mutui con Cdp è superiore a quello di mercato, è tra il 4 e il 5%. Se calasse di mezzo punto ci sarebbero risparmi per 140 milioni. Se il tasso fosse del 2% i risparmi sarebbero la bellezza di 800 milioni. Si dimezzerebbe il debito.

L’assessore Baretta ha accennato a questa trattativa anche in commissione senza entrare nel dettaglio, l’attenzione Baretta l’ha posta sul salva Napoli e sul miliardo e trecento milioni a fondo perduto dallo Stato da erogarsi entro 20 anni. «La cifra stanziata è rilevante, anche se non risolutiva, come non poteva essere, di tutti i nostri problemi. Ma è, indubbiamente, il punto di partenza di un lungo percorso che con questo accordo si avvia» spiega l’assessore. Avvertendo che il patto si firmerà entro il 15 febbraio e Napoli allo Stato deve dare risposte concrete: «Aumentare la platea dei contribuenti sono troppo pochi i pagatori, valorizzazzione e dismissione del patrimonio e riorganizzazione delle partecipate». Napoli deve in un paio d’anni rientrare con le proprie forze di una cifra intorno ai 100 milioni pena l’aumento dell’Irpef e di altre gabelle.

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