Un pil pro-capite inferiore del 31% alla media Ue, un terzo delle imprese con equilibrio finanziario compromesso, appena il 10% dei fondi strutturali europei impiegati. Il Mezzogiorno non mostra ancora segnali di uscita dalla crisi e vede allontanarsi sempre piu’ gli obiettivi del programma Europa 2020. Emerge un quadro plumbel dal check up Mezzogiorno, semestrale che ormai da anni rappresenta uno dei punti di riferimento di Confindustria per l’informazione sul Mezzogiorno

e che a partire da questo numero viene realizzato congiuntamente dall’Area Mezzogiorno di Confindustria e SRM-Studi e Ricerche per il Mezzogiorno (Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo). Le regioni del Sud continuano a presentare forti divari rispetto al resto del paese. Il tasso di disoccupazione nel Mezzogiorno e’ al 13,4% rispetto al 5,9% del Nord e al 9,6% dell’Ue a 27, il tasso di inattivita’ e’ al 49,2% rispetto al 30,8% del nord, la disoccupazione femminile con il 15,8% e’ piu’ che doppia rispetto alle regioni del settentrione, quella giovanile sfiora il 40% rispetto al 20,6% del nord. Lo studio sottolinea un Mezzogiorno ”zavorrato” da deficit strutturali che non accennano a migliorare, da una persistente fragilita’ economica e patrimoniale del suo apparato produttivo, a iniziare da quello industriale nonostante alcune importanti eccellenze distribuite su tutto il territorio meridionale che ancora competono e crescono, da evidenti difficolta’ a rispettare il cronogramma di spesa dei sostegni messi a disposizione dall’Europa. Tutto cio’ ha comportato un vero e proprio processo di polarizzazione degli squilibri interni ed esterni al Mezzogiorno che contrasta con la tendenza alla convergenza messa in luce da altri sistemi economici (ad esempio la Germania), finanche nel pieno della crisi. Gli squilibri riguardano i piu’ diversi ambiti dell’economia e della societa’ meridionale e si condensano in un valore del PIL pro capite inferiore del 41% rispetto a quello del Centro Nord, come accade senza apprezzabili cambiamenti da vari decenni a questa parte. Rispetto ai paesi dell’Unione Europea a 27 il dato del Mezzogiorno e’ inferiore di oltre il 31%. Sei delle dieci regioni con il piu’ alto tasso di disoccupazione europeo sono nel Sud Italia, cosi’ come sono meridionali quattro delle dieci regioni a maggior rischio di poverta’. E, ancora, la quota di spesa in ricerca e sviluppo sul PIL registra al Sud un modesto 0,9%, ben lontano dalla media UE-27 (1,92%) e ancor piu’ dall’obiettivo fissato da Europa 2020 (3%). Il pil per abitante di Calabria e Campania e’ meno della meta’ di quello della Lombardia e di Bolzano. Nella classifica sulla base dell’indice sintetico di sviluppo elaborato da Confindustria la prima provincia del Sud e’ Siracusa che si piazzaalla 54* posizione con un valore di 96,98 (fatto 100 l’indice Italia, Milano e’ 1* con 145 punti), l’ultima e’ Enna con appena 61. Il pil 2009 del Mezzogiorno ammontava a 361 miliardi di euro contro 1.157 miliardi del centro nord ed e’ praticamente fermo tra il 2001 e 2009 mentre al centro nord la crescita media e’ dello 0,2%. I consumi delle famiglie ammontavano a 248 miliardi nel 2009 con un -0,2% medio tra 2001 e 2009 rispetto ai 670 miliardi del centro nord con un +0,4%. Guardando ai comportamenti dell’industria meridionale (per il 95,8% costituita da unita’ produttive che hanno meno di 10 dipendenti) le analisi su un campione di 6.500 bilanci aziendali svolte da Intesa Sanpaolo confermano alcune sue consolidate criticita’. Permane, infatti, elevato il gap in termini di efficienza della gestione industriale (misurata dal tasso di rotazione del capitale investito) sulla quale agiscono fattori interni all’impresa, legati alle scelte produttive e gestionali, ed esterni, riconducibili alle cosiddette ”condizioni al contorno”. Inoltre, tra il 2007 e il 2009 e’ cresciuta sensibilmente (dall’11,7% al 29,9%) la quota di imprese che hanno visto compromesso l’equilibrio economico finanziario. Guardando, poi, alla velocita’ di uscita dalla crisi, si prevede che nel 2012 quasi la meta’ delle imprese meridionali non avra’ ancora recuperato del tutto il terreno perso alla fine dello scorso decennio. ”Dalle analisi del Check up – osservano Confindustria ed SRM – si ricavano importanti indicazioni di policy, a cominciare dall’ urgenza di intervenire sui fattori di contesto, traducendo quanto prima in misure concrete gli impegni annunciati a piu’ riprese dal Governo dall’autunno scorso (Piano per il Sud) ad oggi (Decreto sviluppo e Manovra finanziaria). Un livello di spesa dei fondi strutturali che di poco supera il 10% dei 43 miliardi assegnati al Mezzogiorno, come anche il progressivo prosciugamento delle risorse del FAS, tagliate per circa 5 miliardi di euro lo scorso anno e, si stima, per ulteriori 4 miliardi nel 2013-14, ci segnalano che senza un rinnovato impegno delle istituzioni, dell’Amministrazione e delle Parti sociali sara’ arduo colmare i ritardi del Mezzogiorno ed imboccare stabilmente la via dello sviluppo. Allo stesso tempo occorre che si consolidino i ”germogli” di vitalita’ che pur tra tante difficolta’ stanno affiorando nella struttura produttiva meridionale. Non e’ un caso che gli atteggiamenti cooperativi si vadano via via rafforzando, come dimostra l’aumento della quota di imprese manifatturiere che ha fatto ricorso al contratto di rete per formalizzare accordi di cooperazione, passata dal 4,8% nel 2009 al 6,7% nel 2010”.

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