La Campania importa ”rifiuti”: diverse imprese partenopee campane che lavorano la plastica usata (come le onnipresenti bottigliette di PET) sono costrette ad acquistare plastica rottamata da altre regioni, perche’ in citta’ la raccolta differenziata non e’ effettuata in maniera efficiente.

E’ uno dei paradossi raccontati da Lorenzo Pinna nel suo libro uscito in libreria in queste settimane con la prefazione di Piero Angela. A Napoli, in particolare, il problema dell’immondizia non e’ nelle cifre, che sono quelle di una citta’ media, 950 mila abitanti, con una produzione giornaliera di nemmeno 2 mila tonnellate di rifiuti. Ne’ ha una natura tecnologica, perche’ le soluzioni tecniche, nella legalita’ e nel rispetto dell’ambiente e della salute, esistono e sono utilizzate in tanta parte del mondo civile: ”il dramma e’ di natura politica e culturale” . Napoli – sostiene il saggista, esperto di scienza e firma storica di ‘Quark’ – e’ rimasta inchiodata a mentalita’ arcaiche, pre-rivoluzione industriale; la cultura ‘macropredatoria” ha impedito alle vere competenze e imprenditorialita’ del settore di emergere ed ha consentito l’azione di organizzazioni e personaggi criminali per i quali, come disse nel 1992 il camorrista poi pentito Nunzio Perella, la ”monnezza e’ oro”. In altre parole, l’incapacita’ di Napoli di gestire i propri rifiuti rispecchia ed e’ conseguenza dell’incapacita’ di ”trovare una via d’entrata nella modernita”’. In un viaggio nelle vicende umane degli ultimi 10 mila anni, il libro dimostra come la storia dell’immondizia si intrecci, sin dall’antichita’, con la storia della civilta’. Vi e’ il piano alto degli splendori, dei capolavori, delle grandi scoperte e il piano basso della ”citta’ pestilenziale”, dei ”micropradatori” (batteri, virus, infezioni) che erano e sono ancora, in molte regioni del pianeta, la principale causa di malattia e di morte dell’uomo. Il rapporto tra le due realta’, o meglio, la capacita’ dei piani alti di tenere sotto controllo e gestire i piani bassi e’ divenuto, specie in epoca moderna, la cartina tornasole con cui verificare l’avanzamento di una societa’. Nel mondo visto dalle fogne, gli eroi sono personaggi sconosciuti ai piu’. Ad esempio Joseph Bazalgette o Georges Haussmann che, costruendo nell’Ottocento le reti idriche di Londra e Parigi, ”dimostrarono – scrive Lorenzo Pinna – che la condizione di citta’ pestilenziale non era un destino ineluttabile della civilta’ umana”. Tutte le fatiche e le opere realizzate dalle rivoluzioni urbanistiche di due secoli fa ad oggi per risolvere la situazione igienica delle societa’ avanzate rischiano tuttavia di divenire inadeguate – spiega il saggio – di fronte alle sfide cui le citta’ di Asia, Africa e America Latina sono chiamate. Le proiezioni dell’Onu indicano che nel 2050 circa il 70%della popolazione della Terra vivra’ in centri urbani. Cio’ significa che sui 9-10 miliardi di abitanti previsti per quell’epoca, 6-7 vivranno in citta’. Ma quali citta’? Si chiede Lorenzo Pinna. Le eleganti geometrie dei grattacieli di Shangai e Dubai o le megalopoli di casupole e baracche di Kinshasa, in Congo, dove vivono dieci milioni di persone senza una rete fognaria? Le capacita’ tecniche per smaltire i rifiuti ci sono, ma , ancora una volta, potrebbero mancare soldi e volonta’ politica. Il grave rischio – conclude – e’ il ritorno delle ”citta’ pestilenziali” d’antica memoria, con ”tutto il loro corteo d’orrori”.

 

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