Poteva salvarsi Antonio Ceres, operaio di 65 anni, originario di Pontecagnano ma residente ad Eboli, morto a Siano il 12 gennaio scorso mentre lavorava alla pulizia all’interno di un canalone. «Mancanza di armature di sostegno per evitare crolli e frane, le quali avrebbero potuto evitare il tragico accadimento», è questa la conclusione alla quale è giunto il perito nominato dalla Procura di Nocera Inferiore. Sono tre le persone indagate con l’accusa di omicidio colposo in concorso e che secondo il consulente dell’organo inquirente, si sarebbero macchiate di violazioni di vario genere sul piano lavorativo e della sicurezza. La vittima era un manovale e quel giorno lavorava all’interno di un canale per livellare il piano già interessato da uno scavo precedente. Alle sue spalle c’era un escavatore cingolato, fermo. La ditta per la quale era impiegato stava realizzando la strada Sopracase, in località Santa Cecilia, opera utile alla mobilità urbana. Dopo alcune settimane di pioggia, la ditta era tornata sul posto. Ceres si trovava ad una profondità di circa quattro metri sotto il livello della strada. Lo scavo aveva raggiunto – secondo la perizia – una profondità inferiore ai livelli di fondazione dello stesso muro. Le piogge avevano appesantito il terreno, così come le vibrazioni dell’escavatore, il passaggio di altri mezzi e verosimilmente anche una lieve scossa tellurica avvenuta in precedenza. Condizioni che, ad un tratto, nel primo pomeriggio, portarono a staccarsi una porzione di terra e pietre, che travolse l’uomo senza lasciargli via di scampo. Inutili furono i tentativi degli altri operai di salvarlo. Il perito individua, al termine della sua perizia, responsabilità per i tre indagati in materia di sicurezza. Il primo, il responsabile dei lavori, che non avrebbe redatto un piano che contenesse misure preventive e protettive richieste per eliminare o ridurre al minimo il rischio di seppellimento. Il coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione, un architetto, che non avrebbe invece verificato l’applicazione delle procedure di lavoro sempre in materia di sicurezza, adeguando il piano in relazione all’evoluzione dei lavori. In ultimo, il datore di lavoro e amministratore unico della ditta per la quale lavorava la vittima, che non avrebbe applicato misure protettive, come armature di sostegno nel terreno. Così come prevedeva la norma. Il 65enne era sposato e aveva due figli.

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