Gli hanno fatto da «scudo» i giornalisti. Tanti giovani cronisti, molti freelance, della zona vesuviana accorsi in viale delle Acacie a San Sebastiano dopo che Luigi Orsino, ex imprenditore vittima di racket, ha minacciato di darsi fuoco stamattina alle 9 in punto. Ovvero, l’ora in cui si è presentato l’ufficiale giudiziario per pignorargli la casa.

In una lettera pubblicata dal Corriere, Orsino manifestava il folle proposito suicida: cospargersi di benzina in stile bonzo vietnamita. Esasperazione che nasce dalla sua storia, dai contorni a dir poco grotteschi (leggi): vittima della camorra e dei ritardi dello Stato. Ma torniamo in viale delle Acacie, teatro della tragedia sventata: alle 9 di stamattina s’è formato una sorta di «scudo umano» di solidarietà composto dai cronisti e dal presidente dell’associazione antiracket di Portici Sergio Vigilante, alla presenza del comandante dei carabinieri della caserma di San Sebastiano, davanti alla dissestata villetta dell’ex commerciante, ridotto sul lastrico dall’usura e dal pizzo. Morale: l’ufficiale giudiziario ha «eccezionalmente», racconta Orsino, concesso un’ulteriore proroga, la terza, al prossimo 7 settembre. La vicenda dell’imprenditore è legata alla chiusura dell’inchiesta sugli usurai che l’hanno stritolato. Non solo: anche l’accesso al fondo nazionale vittime di usura resta una chimera. Al primo parere negativo del tribunale di Napoli è seguito un suo ricorso al Tar. Si vedrà. Intanto, Orsino, con moglie e figlio, vive in condizioni di indigenza, senza reddito alcuno, godendo della solidarietà del Comune di San Sebastiano. Gli resta la casa, ma lo sfratto incombe. Oggi è stato rinviato, se ne riparla dopo l’estate.

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