Quattro anni fa cercò l’aiuto del generale Mori per ottenere il voto favorevole alla sua nomina a procuratore di Napoli di uno dei componenti del Csm, l’allora membro laico di An Annibale Marini, con l’intervento del politico Maurizio Gasparri. Ma quel comportamento, “di certo deprecabile”, è stato “occasionale e isolato” in un percorso professionale di “assoluto prestigio” e “non determinò alcuna lesione” dell’interesse che i magistrati non condizionino in alcun modo l’esercizio delle funzioni del Csm. Sono le ragioni per le quali il 9 febbraio scorso la Sezione disciplinare del Csm ha assolto per “scarsa rilevanza” del fatto il procuratore di Nola, Paolo Mancuso, dall’accusa di aver fatto un uso strumentale del suo ruolo per condizionare l’esercizio di funzioni costituzionali. Ed emergono dalle motivazioni che sono state depositate oggi. Nella decisione del tribunale delle toghe ha pesato il fatto che i contatti, attraverso sms, che Mancuso ebbe con il colonnello Giuseppe De Donno, perchè facesse da tramite con Mori – che si era offerto di dargli una mano – “si esaurirono in poche ore, tra la sera e la mattina del giorno successivo, con una netta e definitiva soluzione di continuità”. Una circostanza che è stata valutata come un riscontro alla tesi della difesa, secondo cui il magistrato a un certo punto non volle che l’iniziativa avesse ulteriori sviluppi. E la testimonianza di Mori, che aveva spiegato di non aver più parlato con Gasparri perchè De Donno gli aveva fatto sapere che non se ne doveva fare più nulla, ha trovato “indiretta conferma” nelle dichiarazioni alla stampa dello stesso politico “che ha categoricamente escluso di aver ricevuto dal generale dei carabinieri Mori alcuna richiesta o sollecitazione”.

 

 

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