Zitromax, questo sconosciuto. Non perché l’antibiotico fosse estraneo alle cure di milioni di italiani negli ultimi anni, ma perché ormai è introvabile. “Colpa” dell’ondata Omicron che ha messo in apprensione tutto il Paese. Eppure l’Aifa, che già si era espressa sull’azitromicina nell’aprile del 2020, quando già veniva esplorata la possibilità di curare la malattia grave da Covid che portava i pazienti ad avere polmoniti interstiziali. Ed è tornata a farlo di recente, quando il nome dell’azitromicina è tornato di moda nelle farmacie italiane, invitando medici di base e farmacisti a non consigliare o vendere l’antibiotico: «Esistono evidenze chiare e inequivocabili per non utilizzare più in alcun modo azitromicina o altri antibiotici nel trattamento del Covid-19, come chiaramente indicato da tutte le linee guida per il trattamento dell’infezione da SARS-CoV-2. Si ricorda altresì che gli antibiotici non sono efficaci per il trattamento di nessuna infezione virale, inclusa l’influenza stagionale». A mancare sarebbe la molecola necessaria per la produzione del farmaco che viene prescritto in associazione con antiinfiammatori. La difficoltà nel reperimento del medicinale è dovuta all’enorme utilizzo negli ultimi 2 mesi legato all’aumento dei contagi e probabilmente all’accaparramento anche da parte di chi non ha contratto la malattia ma ha timore del contagio, nonostante le istituzioni abbiano invitato a non usarlo perché inutile in caso di infezione lieve o in fase iniziale. L’antibiotico Zitromax ed il generico sono usati nella terapia contro il Covid in seguito a diversi studi scientifici che ne hanno dimostrato la efficacia sia per contrastare eventuale complicanze nei malati dovute a batteri, sia con valenza di immuno modulante contro il virus Sars-Cov2. La carenza dell’antibiotico Azitromicina è dovuta ad una «elevata richiesta, superiore alle stime e alla consueta domanda – ha spiegato Pfizer, l’azienda farmaceutica produttrice -. Il medicinale tornerà disponibile alla fine del mese di febbraio. In merito alla carenza dello Zitromax, Pfizer informa di aver già provveduto a comunicare all’Aifa, il 3 gennaio 2022 e 12 novembre 2021, rispettivamente, l’indisponibilità della formulazione in compresse da 500mg e della polvere per sospensione orale da 200mg/5ml. Ma da cosa nasce la grande richiesta? La prima risposta è la più banale: con l’inverno, quando le infezioni batteriche e quelle dovute ai virus sono più diffuse, la domanda è sempre aumentata nei mesi più freddi dell’anno, per poi ridursi in estate. Ma negli ultimi due anni le richieste sono state troppe e le aziende farmaceutiche non sono riuscite a coprirne le domande.

Essendo un antibiotico, le farmacie lo vendono solamente sotto prescrizione medica. Viene da sé che l’aumento di domanda nasce quindi da un aumento di prescrizioni specialmente dei medici di famiglia. Che, non potendo spesso visitare personalmente i pazienti, spesso si affidano a cure domiciliari (che magari non hanno ricevuto l’autorizzazione dal ministero della Salute) in caso di infezione, potendosi affidare solamente ai sintomi raccontati dai pazienti e non a esami più approfonditi. Da qui il consiglio di antibiotici, spesso assunti con cicli di breve durata. «Attenzione con gli antibiotici nella terapia di Covid-19. Con l’azitromicina abbiamo fatto un disastro perché l’abbiamo utilizzata al pari degli antinfiammatori. La usavano perché è un macrolide e ha un’attività antinfiammatoria molto pronunciata ma per fare attività antinfiammatoria bisogna usare gli antinfiammatori. Attenzione a utilizzare un antibiotico perché creiamo resistenze». A rilanciare il monito è Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive all’ospedale San Martino di Genova. «Noi oggi siamo in una fase post-pandemica piena di antibiotico-resistenti anche perché sono stati usati troppo e male gli antibiotici», sottolinea l’esperto. «Contro il Covid non vanno utilizzati – ripete – Meno dell’1% del totale casi Covid ha bisogno di un antibiotico. Se si considera che nel mio reparto solo 2 fanno un antibiotico sul totale ricoverati, figurarsi a casa: a casa l’antibiotico non lo deve fare praticamente nessuno». L’ordine dei medici è stato chiaro: «Spero innanzitutto che sia dispensata sempre dietro ricetta medica. La storia nasce nel marzo 2020, quando non sapevamo quasi nulla del Covid, ci trovavamo di fronte a polmoniti sconosciute e si associava alle cure anche l’ azitromicina – ha detto Filippo Anelli, presidente della Fnomceo, la Federazione nazionale degli Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri -. Poi sappiamo tutti che gli antibiotici non funzionano sui virus, sono prescritti per gestire le complicanze di natura batterica. Bene fa l’Aifa a ribadirne l’inutilità e la necessità di usarli solo in casi particolari e solo dietro prescrizione medica».

Fra tamponi self fatti casa, autodiagnosi e cure non supportate dall’evidenza scientifica – ultimo caso la corsa all’antibiotico Zitromax a base di azitromicina e ai suoi generici – gli italiani stanno vivendo una nuova fase della pandemia di Covid-19. Una gestione “fai da te” che preoccupa gli psichiatri. «Test rapidi da fare e rifare a casa e in farmacia, scuole e classi a rango ridotto e fughe dagli uffici spesso auto-imposte, al di là dei protocolli ufficiali e delle misure di prevenzione, alimentano l’ansia degli italiani anziché ridurla – ha detto lo psichiatra Emilio Sacchetti -. Alla ricerca di un sempre nuovo equilibrio con il virus, abbiamo vissuto fasi alterne durante tutta la pandemia. E soprattutto nelle ultime settimane, siamo passati dall’idea trionfalistica dell’immunità di gregge e della guarigione allo scoramento, quando siamo stati colpiti da questa nuova ondata. Ora, nella consapevolezza di dover accettare una prolungata convivenza col virus gestita in modo sempre più individuale, l’atteggiamento collettivo sta cambiando. Da una parte si fa strada una visione più matura e meno spaventata, che riconosce l’efficacia della scienza e osserva come i continui record di contagi da Omicron sembrino causare sintomi più lievi grazie all’aiuto dei vaccini e della dose booster. Dall’altra aumenta il carico d’ansia associato alla consapevolezza che la scienza ha limiti intrinseci, specialmente in una pandemia di cui si imparano a conoscere davvero i contorni man mano che la affrontiamo». «Per superare l’ansia e il malessere che tuttora proviamo – sottolinea Sacchetti – l’adesione alla campagna di vaccinazione e l’uso delle idonee misure di prevenzione devono però andare di pari passo con una spinta alla socializzazione e a una nuova normalità, per arginare gli effetti devastanti sulla psiche dei cittadini già provata da 2 anni di emergenza sanitaria». E per trovare una nuova normalità, secondo gli esperti «serve anche dedicare un’attenzione particolare alla salute mentale della popolazione, a partire dalle persone con disagi psichici più o meno gravi, che hanno più difficoltà a gestire un’eventuale condizione di positività al Covid o un periodo di auto-isolamento».

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