Il 23 settembre di 26 anni fa moriva Giancarlo Siani, giornalista del ‘Mattino’ di Napoli assassinato dalla camorra sotto la sua casa, nel quartiere del Vomero. Aveva 26 anni, gli ultimi due quali li aveva trascorsi come corrispondente per il giornale da Torre Annunziata, comune dell’area vesuviana in provincia di Napoli, in quegli anni coinvolto in una vera e propria guerra di camorra.

La sua definizione di Torre Annunziata come Fort Apache, luogo di frontiera, e’ diventata il titolo del film ‘Fortapa’sc’ di Marco Risi, del 2009, nel quale viene raccontato il suo impegno ma anche la personalita’ di un ragazzo con una grande passione per il giornalismo: “Giancarlo era proprio cosi’ come e’ ritratto nel film, allegro, spensierato, divertente ma anche serio e impegnato, e gli piaceva fare il giornalista, il ‘giornalista-giornalista’”, racconta all’Adnkronos Paolo Siani, fratello di Giancarlo e presidente della Fondazione Polis, citando un’espressione usata in ‘Fortapa’sc’. “La nostra famiglia – aggiunge – era molto unita. Avevamo molti interessi in comune, le stesse scuole frequentate, anche le stesse sezioni, la sezione B del Liceo ‘Gianbattista Vico’ di Napoli, la stessa passione per lo sport e per il calcio, le domeniche allo stadio, la pallavolo, divenne anche allenatore di una squadra femminile. Poi lui sviluppo’ una forte passione per il giornalismo, in modo inaspettato per noi in famiglia, ma la sua passione, la sua caparbieta’ la spuntarono e inizio’ a scrivere. Anzi prima di scrivere inizio’ a leggere. Leggeva per radio la rassegna stampa cittadina. Si alzava la mattina prestissimo, comprava i giornali e andava in radio per la sua rassegna stampa”. Grazie ai suoi articoli da Torre Annunziata, Siani aveva guadagnato la possibilita’ di fare una sostituzione nell’estate 1985 nella redazione centrale del Mattino, a Napoli, preambolo di una possibile assunzione come praticante. Ma il 23 settembre due sicari, Ciro Cappuccio e Armando Del Core, eseguirono la ‘condanna a morte’ ordinata dai mandanti Angelo Nuvoletta, Valentino Gionta e Luigi Baccante, tutti condannati all’ergastolo nel processo che si e’ concluso nel 1997, 12 anni dopo l’omicidio. Per Gionta e’ arrivato poi il giudizio della Cassazione che lo ha scagionato per non aver commesso il fatto. In tutti questi anni, Siani e’ diventato un simbolo dell’impegno giornalistico contro la criminalita’ organizzata: a lui sono state intitolate vie, a Napoli come in altre localita’, oltre a licei e teatri, ed e’ stato istituito nel 2004 il Premio Giancarlo Siani per i giornalisti impegnati sul fronte della cronaca. “Giancarlo – spiega Paolo Siani – viene percepito dai ragazzi oggi come un eroe, la sua storia, la sua faccia pulita fa breccia nel cuore di tutti ma soprattutto in quello dei ragazzi. Questa e’ la sua grande rivincita”. “Questa e’ la rivincita di tutti i familiari di vittime innocenti – continua Siani – che hanno trasformato il loro dolore in impegno e che si spendono nella nostra citta’ e nella nostra regione per la legalita’. Sono uomini e donne che con umilta’, ma con fierezza vanno nelle scuole, nelle associazioni, nel carcere minorile a parlare dei loro cari che non ci sono piu’, a parlare di legalita’ e di giustizia. Sono persone duramente colpite, sofferenti, provate, ma preziose per la comunita’”. Il ricordo di Giancarlo Siani e di tutte le vittime innocenti, racconta il fratello, “ha il senso del riscatto, del non rassegnarsi alla violenza subita, del ‘ce la possiamo fare'”. Parlando con i ragazzi nelle scuole, dopo aver visto insieme il film ‘Fortapa’sc’, si ha la sensazione chiara che si sta rafforzando sempre piu’ un sentimento di legalita’. Messi davanti a una storia, a un tragico omicidio i ragazzi, tutti i ragazzi, scelgono di stare dalla parte di Giancarlo. Certo c’e’ ancora tanto da fare specie a Napoli e al sud d’Italia, ma i giovani fanno ben sperare”. Paolo Siani ricorda un dato: “La Campania detiene il triste primato di morti innocenti ammazzati per mano criminale, con 150 casi gia’ accertati e oltre 100 in fase di studio, ed e’ la seconda regione per numero di beni confiscati alla criminalita’ organizzata dietro alla Sicilia, con 1.722 beni tra immobili e aziende”. Numeri che hanno portato la Regione Campania a dotarsi di una struttura appositamente dedicata a questi temi, la Fondazione Polis (Politiche integrate di sicurezza), di cui Paolo Siani e’ il presidente: “E’ lo strumento operativo della Regione Campania per l’aiuto ai familiari delle vittime innocenti della criminalita’ e a tutti i soggetti variamente coinvolti nell’attivita’ di gestione e riqualificazione sociale dei beni confiscati alla camorra”, spiega. a Fondazione sostiene i familiari delle vittime attraverso un aiuto legale, psicologico e fiscale: “Abbiamo gia’ siglato a fine 2010 un importante protocollo di intesa con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli per garantire un servizio di orientamento legale ai familiari delle vittime. Questo accordo rappresenta un modello che estenderemo anche all’Ordine degli Psicologi e all’Ordine dei Commercialisti. Ci stiamo inoltre concretamente muovendo in sinergia con le Commissioni consiliari regionali preposte alla stesura di una proposta normativa per la tutela giuridica delle vittime della criminalita’ comune, alle quali allo stato attuale la legge non riconosce alcun beneficio. Stiamo altresi’ lavorando insieme all’Anci per far si’ che venga rispettata la normativa che garantisce il collocamento obbligatorio al lavoro dei familiari delle vittime”. Gli interlocutori privilegiati della Fondazione Polis, spiega Siani, “sono le scuole e i giovani. Lo scorso 28 marzo tutte le scuole della Campania hanno visto in contemporanea il docufilm ‘Storia criminale’, dando vita alla prima edizione del progetto di condivisione della memoria e dell’impegno ‘Lo stesso giorno alla stessa ora’, che nel 2012 riproporremo estendendolo a tutte le regioni meridionali coinvolte dal Pon Sicurezza 2007-2013”. L’obiettivo, spiega, e’ “lanciare un messaggio di speranza ai nostri giovani, soprattutto a quelli dei quartieri piu’ difficili. Un messaggio di speranza, la speranza di un futuro diverso per la nostra terra, dove i beni confiscati siano una concreta occasione di sviluppo di un’economia legale e solidale, dove l’esempio lasciato delle tante vittime innocenti e dai loro familiari rappresenti la base per l’affermazione della cultura della legalita’. Noi ce la stiamo mettendo tutta per noi stessi, per i nostri figli, per i nostri cari che non ci sono piu'”, conclude Siani.

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